mercoledì 6 giugno 2012

Recessione

La parola recessione si associa generalmente ai libri di storia, ai manuali di economia nei capitoli sugli anni venti e ai telegiornali di quando eravamo bambini, che raccontavano il collasso della New Economy.
Da oggi invece è il presente, è il 2012 , è l'Italia.
E' stato pubblicato, dal centro studi di Confindustria, il bollettino sull'economia del Paese. La situazione è drammatica, e lo sapevamo, ma il piazzamento all'ottavo posto dopo Brasile e India, nella classifica dei produttori mondiali, è un duro colpo. La retrocessione è avvenuta in pochi anni, fino al 2007 eravamo al quinto posto.
La nostra economia cade a pezzi.
I problemi principali sono legati alla lentezza del sistema produttivo italiano, causato dall'estrema difficoltà nell'accesso al credito e nella pressione fiscale, che disincentiva nuovi investimenti. Per ciò che riguarda le imprese avviate, il punto critico è la perdita di competitività del made in italy, dovuta in parte all'Euro e in parte ad un sistema produttivo vecchio.
Il nuovo di Confindustria, Conti, denuncia la mancata visione di lungo periodo nell'incentivare la crescita.
Il meccanismo produttivo di un Paese è  un sistema complicato da far funzionare, le leggi interessate a regolarlo, e ove possibile a stimolarlo, devono essere trasversali e complementari.
Lavoro, fisco, banche, innovazione, tecnologia, formazione, investimenti sono le principali componenti da mettere insieme.
Il problema italiano è che in nessuna di queste direzioni si è proceduto in maniera adeguata. Il conto di vent'anni di immobilismo si paga ora, con le sue conseguenze più gravi: recessione e disoccupazione.
Non si tratta solo di classifiche, numeri o spread. La crisi si percepisce, si vede e chi nella nostra generazione aveva solo sentito parlare di tutto questo ora lo sta vivendo.
In questo contesto è molto facile aizzare un popolo arrabbiato e povero contro chi è al momento al Governo, facile colpevolizzare l'Europa e la rigidità della Merkel, ancor più facile per chi si professa accanito oppositore di Monti, dire che il sistema proposto dai tecnici è insostenibile.
Difficile è spiegare alla gente che il meccanismo, per funzionare, dovrebbe essere riformato per intero e per farlo servirebbe una maggioranza forte e concludente. Un Governo capace di gestire il malcontento con riforme difficili ma necessarie. I tecnici potrebbero farlo, ma servirebbero le elezioni nel 2020 e un elettorato pronto a riconoscere la doverosità dei sacrifici. Ma questa è utopia. Nella realtà i giochi per il 2013 si aprono e con loro anche le inevitabili polemiche. Le proposte per migliorare la situazione economica del Paese per ora sono a zero. Si parla solo di come migliorare la politica, come combattere la disaffezione verso i partiti. La politica dovrebbe occuparsi di fatti, di riforme, di numeri, no di se stessa.

A noi rimane solo il potere di un voto e il dovere di rendere il più possibile consapevole chi fruisce di questo strumento.

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