La crisi c’è, si vede, si sente ma soprattutto si parla.
Nelle mie innumerevoli
corse in taxi per/da l’aeroporto approfitto sempre di ottime chiacchiere in
compagnia dei tassisti romani, inesauribile e genuina fonte di informazione.
Ognuno di loro ha
sempre qualcosa da raccontare e nei lunghi tragitti, aumentando il tempo
aumenta anche la profondità delle discussioni.
Nel giro di pochi
giorni mi son trovata a far due lunghe tratte in loro compagnia.
Il primo tassista, uomo di mezza età,
simpatico, romanissimo ed ex dipendente Alitalia (equipaggio a terra); la
seconda era donna, cicciottina, simpatica e sulla trentacinquina.
Molto diversi
come temperamento, parlantina e stile di guida ma in un men che non si dica dal
parlare del tempo siamo passati ai discorsi seri, quelli che aimé tormentano
tutta la nostra Italia.
Disoccupazione,
sprechi, tasse, caos burocratico gli ovvi argomenti toccati ed entrambi con
estrema amarezza mi hanno raccontato delle loro difficoltà a mantenere i figli
ed arrivare a fine mese visto l’incredibile aumento del peso fiscale anche
sulla loro categoria.
Purtroppo io, che
rappresento la generazione più colpita
da questa crisi, non facevo che annuire e accodarmi alle loro polemiche. Non ne
so molto di taxi ma capisco e condivido le loro preoccupazioni.
La cosa curiosa
arriva in un secondo momento, entrambi chi per esperienza diretta chi per
amicizie nel settore, mi raccontano gli scandali che hanno vissuto in prima
persona in Alitalia e visto che è notizia di questi giorni la
ricapitalizzazione, quale miglior spunto per
deliziarmi con le loro storie.
Mi racconta il
primo di come fu assunto negli anni 80: conosceva il sottosegretario ai
trasporti dell’epoca. Per lui, da poco diplomato, l’ingresso con contratto a
tempo indeterminato fu cosa immediata e si ritrovò a 20 anni con un ottimo
stipendio senza aver nemmeno fatto un vero colloquio.
Il bello arriva dopo, lui si aspettava che
nonostante la spintarella avrebbe avuto comunque del lavoro da fare e invece
venne piazzato nell’ufficio delle registrazioni dei ticket ristorante dove aveva
quattro pratiche al giorno da registrare da dividere con altri cinque
colleghi. Risultato: le otto ore di lavoro erano trascorse al bar, nel
terminale con il cortile fumatori e a chiacchierare.
Si licenziò dopo
due anni perché prese coraggio e si accorse che se avesse continuato così gli
si sarebbe atrofizzato il cervello. Oggi è un tassista, mantiene 3 figli a
fatica ma ha di certo molto da fare a sua detta.
Lei, la tassita
del ritorno, ha una sua cara amica in Alitalia, servizi Cargo. Anche lei
entrata alla fine degli anni 80, quando l’azienda assunse il triplo dell’organico
necessario.
La sua amica fino
a cinque anni fa veniva presa da una navetta Alitalia che andava a prendere
tutti i dipendenti a terra. Poi con l’arrivo della CAI almeno questo servizio
si è tagliato. Entrò all’epoca con contratto a tempo indeterminato ed ancora
oggi gode, navetta a parte, di enormi privilegi contrattuali. Non
mi ha dato dettagli sulla sua posizione ma la tassista mi riferisce con tono
indignato che l’amica si permette ancora di lamentarsi.
Oltre alle esperienze
raccontate mi è stato detto da entrambi, nella fase flusso di coscienza, che in
quegli anni l’Alitalia era il collocamento di tutto il Paese e conoscendo qualcuno dal municipio al Quirinale si entrava.
Ci stupiamo dunque che l’Alitalia abbia un buco di miliardi insanabile anche
dopo la nuova era?
Ci stupiamo che questi
enormi privilegi che godono i dipendenti siano la causa dell’arrancaggio dell’intera
azienda?
La cosa però di
cui mi stupisco è che i loro sindacati si permettano ancora di scioperare.
Non penso che
valga per tutti questa inaccetabile verità, certamente ci saranno persone
preparate e lavoratrici che fanno il loro dovere. Il punto però è che se
moltiplichiamo questa inefficienza ai Ministeri/alle agenzie/ alle aziende statali ed ex statali tutto si spiega.
Si spiega la
disoccupazione giovanile, i buchi, le tasse che non bastano mai e chi più ne ha
più ne metta.
Cito le parole
veraci della tassista numero 2: “Avete magnato
fino a mo, se è il caso di andarvene mo ve ne annate”.
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