mercoledì 27 maggio 2015

L’Unione europea nei sogni dei giovani. Il racconto di un viaggio nella Gioventù Federalista Europea


di Anna Ferrari 

Perché un giovane dovrebbe credere, oggi, nell’Unione europea? Personalmente, sono sempre stata un’europeista convinta, tuttavia non si può negare che l’Unione europea stia attraversando un periodo difficile. Infatti, l’Unione è messa alla prova da problemi enormi quali la crisi, la disoccupazione giovanile, il Grexit, il Brexit, la questione Ucraina, gli immigranti disperati che arrivano dal Mediterraneo, il tutto condito dalla crescita delle voci euroscettiche. A tratti, quello che è stato un sogno di unità e pace sembra sul punto, se non proprio di svanire, comunque di retrocedere.
Proprio in questo contesto, JEF – Junge Europäische Föderalisten Deutschland, la Gioventù Federalista Europea, sezione Germania, ha allestito un seminario internazionale a Berlino, dedicandolo alla “Solidarietà in Europa”.
JEF è un’organizzazione giovanile transnazionale, legata al Movimento Federalista Europeo, che promuove un’integrazione europea sempre più profonda. Mesi fa ho visto l’annuncio sulla pagina facebook della sezione italiana e, pur non essendo membro, ma spinta dalla curiosità, ho deciso di mandare la candidatura. In breve, mi sono trovata a far parte di più di sessanta ragazzi che dal 14 al 17 maggio hanno fatto rotta sulla capitale tedesca per l’International Berlin Seminar 2015, presso la Tagungshaus Alte Feuerwache. I partecipanti avevano un’età compresa tra i sedici e i trentun anni, provenienti da diciannove Paesi europei, sia Stati membri dell’Unione europea, sia Stati che desidererebbero aderire, come quelli balcanici e la Turchia. Insieme siamo salpati a bordo del battello a vapore federalista, metafora di questa edizione del seminario. 
Ha fatto da sfondo alla nostra avventura europea una città estremamente significativa perché Berlino, con la sua storia di guerra, divisioni e riunificazione recente, rappresenta senza dubbio una grande inspirazione per ogni giovane che crede in un’Europa unita. 


Il seminario si è aperto con un dibattito collettivo relativo ai temi europei più sensibili. Da lì siamo passati ad occuparci della solidarietà, declinabile in molteplici settori: la crisi economica, la crisi sociale, la politica dell’immigrazione, la politica estera e di sicurezza comune, l’allargamento e i rapporti con gli Stati vicini, i valori europei fondamentali. Questi argomenti sono stati introdotti durante il World Café, momento in cui, tazza di caffè e biscotti alla mano, abbiamo potuto sedere al tavolo con alcuni esperti e confrontarci. I lavori sono proseguiti nei workshop, dopo esserci divisi in piccoli gruppi scegliendo il tema di maggior interesse per ciascuno. Il mio era dedicato alla crisi economica. 
Dopo aver condiviso le rispettive conoscenze ed esperienze, abbiamo disegnato un’utopistica “Happiness Island”: lì il debito sovrano non cresce, corruzione e frode sono inesistenti, ci sono gli eurobond e stessi standard economici e sociali, c’è rispetto dei diritti umani ed elevati standard sociali per tutti, nessuna disparità di stipendio tra uomini e donne, medesima tassazione nell’Ue, piena occupazione. Le soluzioni concrete sono state presentate, come una mappa per arrivare all’isola del tesoro, nella seduta comune conclusiva insieme ai risultati degli altri workshop.
Proprio nelle occasioni di dibattito sono emerse le differenze, soprattutto quelle più accentuate tra chi proviene dal Nord e chi dal Sud dell’Europa. La crisi in Grecia è stata ampiamente discussa ed è stato interessante poter incontrare alcune ragazze greche. Ci tenevano particolarmente a spiegare, accalorandosi, che non vogliono più l’austerity perché, come popolo, sono stati messi in ginocchio, ma che desiderano comunque rimanere nell’Unione europea e far capire il bisogno di una nazione umiliata di recuperare la dignità. Una di loro mi ha raccontato, in una pausa, che durante l’incontro le era venuto quasi da piangere per il futuro proprio e dell’intera sua patria. Sarà forse un piccolo episodio, ma credo che testimoni quanto sia importante ricordare che la situazione, al di là dei tecnicismi della politica economica, va a toccar nel vivo le persone. 
Dall’altra parte, però, non sono mancate le osservazioni di chi, cittadino di Stati più benestanti, è preoccupato di trovarsi a pagare debiti per quelli meno virtuosi. Il discorso si è fatto particolarmente rovente anche sulla questione dell’immigrazione nonché sul referendum relativo al Brexit. 
Non poche volte si è visto qualcuno dei partecipanti cambiare opinione, fosse anche solo parzialmente, dopo aver ascoltato l’intervento degli altri.
Argomenti così complessi sono stati stemperati da momenti più leggeri,  il Rallye, una street action divisi a squadre. Partiti da un luogo significativo come la East Side Gallery del muro di Berlino e muniti di cartina con l’obiettivo di visitare più posti possibili, ci siamo mescolati a cittadini e turisti indossando cappelli da marinaio, bandiere dell’Unione europea e barchette di carta. Via di corsa, dunque, attraverso Alexander Platz, Unter den Linden, Brandeburger Tor, il Bundestag, Potsdamer Platz...

È stato entusiasmante fare parte di questi giovani che ritengono fondamentale interessarsi in prima persona perché il futuro, in fondo, saremo noi a viverlo. Giovani che hanno voglia di stare insieme e mettersi in gioco, seppur, a volte, con una buona dose di idealismo tipica dell’età; che non hanno vergogna di mettersi a cantare in strada l’inno alla gioia di Beethoven, diventato l’inno dell’Unione europea. L’inglese, mezzo di comunicazione comune, si è presto mescolato ai suoni di decine di altre lingue. 
Al termine dei quattro giorni di lavoro, abbiamo trovato una risposta, fosse anche solo parziale, alla domanda iniziale. Un giovane può credere nell’Unione europea nel momento in cui sente lo spirito di fratellanza che ci accomuna. L’identità europea forse esiste prima di tutto nel desiderio stesso di appartenenza, nel cercare le affinità più che ciò che ci divide. Di certo, non si può pensare di essere uniti nella diversità, se non si sarà uniti anche nella solidarietà. 



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