venerdì 15 maggio 2015

Perché la Cina è alla conquista dell'Africa?


L'interesse della Cina per l'Africa viaggia in parallelo alle sue prospettive di espansione. Lo slogan “One Belt, One Road” (“Una cintura, una strada”) usato dai media cinesi nell’ aprile 2015 al lancio della nuova via della seta, la 21st Century Maritime Silk Route Economic Belt (MSR), sintetizza perfettamente le direttrici della penetrazione economica cinese a livello mondiale.
Se via terra si è pensato ad ammodernare la via della seta storica, attraverso accordi stipulati con l'Unione Europea; oggi si punta al raddoppio, istituendo via mare una rotta commerciale che passa per l'Oceano Indiano e attraversa il continente nero.
I cinesi non badano a spese. Tre miliardi e mezzo di dollari è l'investimento iniziale che la Exim Bank farà per la realizzazione di una ferrovia transnazionale che faciliti la distribuzione di merci dagli hub portuali più attivi, come il porto di Mombasa, in Kenya, ad altri paesi dell'Africa subsahariana, come l'Uganda, il Ruanda, la Tanzania e il Sud Sudan, e di cui si assumerà il 90% dei costi di realizzazione.
La presenza cinese nel continente non è un fenomeno recente, i primi rapporti commerciali con paesi come la Tanzania risalgono ormai a 45 anni fa. Negli ultimi vent'anni il Paese di Mezzo ha progressivamente intensificato le relazioni economiche con l'Africa, arrivando a scavalcare gli Stati Uniti come primo partner commerciale. Dal 2005 al 2012 le autorità cinesi sostengono che gli investimenti diretti esteri sono sestuplicati, passando da 392 milioni a 2,5 miliardi di dollari, mentre lo scambio commerciale complessivo ha superato i 200 miliardi nel 2014.

L’Africa subsahariana rappresenta la promessa di un El Dorado, noi non ci siamo i cinesi si. La Banca Mondiale calcola per quest’area una crescita del PIL del 4,5% nel 2014 e le previsioni per i prossimi tre anni sembrano confermare la tendenza, tanto che è stimato il raggiungimento del 5,1% entro il 2017 come si vede dal grafico, una crescita che in Europa ci sognamo. 

I rapporti economici con la Cina sono caratterizzati da una concentrazione settoriale: i cinesi importano petrolio (64%), minerali (22%) e manufatti (8%) evidenziando un forte interesse di sfruttamento delle risorse naturali. L’Africa li rifornisce con 1,2 milioni di barili di greggio al giorno, che ammontano al 24% del suo approvvigionamento energetico totale. Al contrario, le esportazioni cinesi riguardano macchinari ed attrezzature per il trasporto, seguite da manufatti e tessuti.
I rapporti cinesi in Africa non sono solo hard, fatti di cemento e asfalto, ma riguardano anche i settori della cultura e delle telecomunicazioni, esercitando quel potere soft che facilita l'accettazione sociale dei cambiamenti in atto.
Nel 2009, l'ex presidente Hu Jintao ha assistito alla cerimonia di inaugurazione di un complesso sportivo da 56 milioni di dollari dedicato alla cultura cinese a Dar Er Salham, in cui ha firmato un’intesa da 4,4 milioni per riabilitare i canali radio e tv delle emittenti di Stato nell’arcipelago di Zanzibar. Se le nostre generazioni sono cresciute con il grande cinema hollywoodiano, in prospettiva possiamo dire che le future generazioni africane cresceranno guardando le pellicole prodotte ad Hong Kong.
La sinergia si spiega nella complementarietà economica esistente tra le due aree: se da un lato l’Africa è carente di centrali elettriche, reti di telecomunicazioni e trasporto, strutture igienico-sanitarie la Cina oggi possiede una delle più competitive industrie di costruzioni civili. 

L'importanza del settore energetico per l'economia cinese porta ad evidenti squilibri nella geopolitica africana: se i paesi con risorse energetiche sono il centro degli investimenti cinesi con i quali poter accumulare deficit commerciali, quelli privi di materie prime sono costretti, al contrario, ad importare prodotti cinesi a maggiore valore aggiunto e quindi necessariamente ad ingigantire il proprio deficit.
L’entrata in scena del gigante cinese in queste economie con enormi potenziali di crescita, ha radicalmente mutato gli equilibri economici e politici dell’intera area subsahariana. Il faro è puntato su come questo scambio possa creare vantaggi per entrambi i protagonisti e non solo per gli eredi di Mao Zedong.



con la collaborazione di Andrea Pomella

1 commento:

  1. La Cina è ovunque, questa è l'ennesima prova. Ma il tema è, l'Europa dov'è?
    L'Italia??
    Frank

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