giovedì 21 giugno 2012

He used to be a leader

Crisi-Crescita-Tasse-Spread-Debito-Sacrifici
Queste le parole che riecheggiano da mesi tra i paesi dell’eurozona.
Economisti e politici di tutte le nazionalità girano come trottole tra Francoforte e Bruxelles per trovare soluzioni immediate, al periodo economico più nero dai tempi della seconda guerra mondiale. Anche l’Italia ci prova a tenere il passo, approvando riforme a raffica, seppur con il freno a mano.
E in qusto scenario di serietà e austerity, ad intervalli regolari, ecco tutti i meedia occupati a raccontare le ulime folli dichiarazioni del Signor B.
L’ultima  risale a ieri, quando il Caveliere ha ben pensato di uscirsene con l’infelice ipotesi che uscire dall’Euro non sarebbe una tragedia, lasciando intendere un “anzi” che non è piaciuto a nessuno.
In coro le forze politiche hanno giudicato illogico e irresponsabile appoggiare il governo Monti in Parlamento e poi gridare ai quattro venti tutto e il contrario di tutto.
Al solito siamo difronte a un “diamo fiato alle trombe” che è pratica usuale del nostro ex Premier, così impegnato a risollevare il Paese che ci regala queste intuizioni geniali.
Il punto non è cosa dice e quando ma è chi ascolta.
Per senso civico, prudenza, pudore e onestà se si chiede a questa Italia di salvare il salvabile con pesanti sacrifici si dovrebbe anche motivarla.
L’Euro è attualmente il sistema più inteligente di gestire l’ascesa asiatica sui mercati mondiali, nonostante gli incessanti attacchi speculativi.
Accreditati economisti criticano l’Euro perché non accompagnato da un’unione fiscale seria, non per la sua essenza. L’eurozona ha aumentato il volume dei suoi scambi interni di percetuali vertiginose da quando le transazioni nella stessa valuta sono state inventate.
Che ci siano milioni di difetti da correggere è indubbio, ma allo stato attuale delle cose augurarsi per il nostro Paese l’uscita da questa unione è a dir poco ridicolo.
E comunque se ci si schiera dalla parte di chi questo sistema lo ha sostenuto e lo sostiene non sono ammessi deliri sulla sua distruzione.
L’unico augurio è che pochi ascoltino le sparate di quello che è stato un leader, ed ora forse brancola in un qualunquismo che mai come in questo periodo lo ha contraddististo.

lunedì 18 giugno 2012

Europa? Si, grazie

I Greci al voto per la seconda volta.
Vince il partito conservatore con un 30% che gli permetterà di formare un nuovo governo per rimettere in piedi il Paese.
Queste sono state elezioni cruciali, molto più delle scorse presidenziali francesi.
L’Europa, Merkel in prima fila, si aspettava una risposta sul dentro o fuori posto ai greci mesi fa. La risposta è arrivata e a dispetto dei catastrofisti, degli speculatori e degli antieuropeisti, il popolo greco ha scelto di essere salvato.
La strada sarà tutta in salita ovviamente. Il Paese deve far fronte ad un disavanzo che negli ultimi due hanni ha duplicato il PIL. Le iniezioni di liquidità concesse dall’Europa non sono servite a far ripartire il sistema produttivo. Bisognerà ripagare il debito non accanendosi sulla società, aumentare l’occupazione e non le tasse. I mercati e la Bce saranno i duri giudici di questo match tutto ancora da giocare, quindi è tutt’altro che conclusa la stagione dei sacrifici per il popolo ellenico.
Il sorpendente dato che emerge da queste elezioni, al di là dei numeri e delle polemiche, è che i greci hanno scelto l’Europa.
In un momento dove il Paese è in ginocchio e l’opposizione ha utilizzato l'europeismo come capro espiatorio della catastrofe, il popolo greco ha creduto ancora in quel progetto dei lontai anni cinquanta che li ha portati fino a qui.
La solitudine fa paura, gli Stati nazionali con il miraggio dell’autarchia hanno il sapore di fallimento, riportano la memoria a quei decenni tra la  prima e la seconda guerra mondiale; ed ecco allora che l’ipotesi di salvarsi da soli non convince nemmeno una nazione martoriata dalla crisi.
Si sceglie di essere sotto l’occhio del mirino dei “grandi” piuttosto che scomparire dall’agenda, senza sacrifici forse, ma con un sistema che non può riprendersi da solo.
E questo barlume di ritrovata fiducia ha fatto almeno calmare i mercati per un giorno e forse anche Obama. L’Euro non è morto, l’Europa non è un lontano ricordo.
Bisogna lavorare per uscire fuori da questa crisi e forse riflettere sul secondo passo che questa Unione Monetaria deve fare: unire le politiche fiscali.
La Gracia ha dato il suo implicito Si, ora tocca a Bruxelles.

mercoledì 6 giugno 2012

Recessione

La parola recessione si associa generalmente ai libri di storia, ai manuali di economia nei capitoli sugli anni venti e ai telegiornali di quando eravamo bambini, che raccontavano il collasso della New Economy.
Da oggi invece è il presente, è il 2012 , è l'Italia.
E' stato pubblicato, dal centro studi di Confindustria, il bollettino sull'economia del Paese. La situazione è drammatica, e lo sapevamo, ma il piazzamento all'ottavo posto dopo Brasile e India, nella classifica dei produttori mondiali, è un duro colpo. La retrocessione è avvenuta in pochi anni, fino al 2007 eravamo al quinto posto.
La nostra economia cade a pezzi.
I problemi principali sono legati alla lentezza del sistema produttivo italiano, causato dall'estrema difficoltà nell'accesso al credito e nella pressione fiscale, che disincentiva nuovi investimenti. Per ciò che riguarda le imprese avviate, il punto critico è la perdita di competitività del made in italy, dovuta in parte all'Euro e in parte ad un sistema produttivo vecchio.
Il nuovo di Confindustria, Conti, denuncia la mancata visione di lungo periodo nell'incentivare la crescita.
Il meccanismo produttivo di un Paese è  un sistema complicato da far funzionare, le leggi interessate a regolarlo, e ove possibile a stimolarlo, devono essere trasversali e complementari.
Lavoro, fisco, banche, innovazione, tecnologia, formazione, investimenti sono le principali componenti da mettere insieme.
Il problema italiano è che in nessuna di queste direzioni si è proceduto in maniera adeguata. Il conto di vent'anni di immobilismo si paga ora, con le sue conseguenze più gravi: recessione e disoccupazione.
Non si tratta solo di classifiche, numeri o spread. La crisi si percepisce, si vede e chi nella nostra generazione aveva solo sentito parlare di tutto questo ora lo sta vivendo.
In questo contesto è molto facile aizzare un popolo arrabbiato e povero contro chi è al momento al Governo, facile colpevolizzare l'Europa e la rigidità della Merkel, ancor più facile per chi si professa accanito oppositore di Monti, dire che il sistema proposto dai tecnici è insostenibile.
Difficile è spiegare alla gente che il meccanismo, per funzionare, dovrebbe essere riformato per intero e per farlo servirebbe una maggioranza forte e concludente. Un Governo capace di gestire il malcontento con riforme difficili ma necessarie. I tecnici potrebbero farlo, ma servirebbero le elezioni nel 2020 e un elettorato pronto a riconoscere la doverosità dei sacrifici. Ma questa è utopia. Nella realtà i giochi per il 2013 si aprono e con loro anche le inevitabili polemiche. Le proposte per migliorare la situazione economica del Paese per ora sono a zero. Si parla solo di come migliorare la politica, come combattere la disaffezione verso i partiti. La politica dovrebbe occuparsi di fatti, di riforme, di numeri, no di se stessa.

A noi rimane solo il potere di un voto e il dovere di rendere il più possibile consapevole chi fruisce di questo strumento.

venerdì 1 giugno 2012

Finanziamento pubblico ai partiti, il punto

Con il post Finanziamento pubblico ai partiti: Si/No ci eravamo già occupati della tematica, riflettendo su cosa significa esattamente smettere o continuare a finanziarli.
Alla Camera prosegue il dibattito su quella che dovrebbe essere una riforma di tale status ma che in realtà è un remake bello e buono di quello che gli italiani bocciarono nel '93.
Lo scandaloso assenteismo del primo giorno di discussione sulla proposta di legge atta a modificare l'attuale sistema di finanziamento (http://www.youtube.com/watch?v=eZsUCJvsNaA) ha infiammato ancor di più la polemica.
Il 22 maggio si è finalmente palesato in aula qualche rappresentante ed il provvedimento è stato discusso. Ecco i punti salienti:
- bocciati gli emendamenti della Lega per l'abrogazione definitiva dei rimborsi pubblici in tutte le loro forme
- bocciata la proposta Idv per destinare l'ultima tranche dei rimborsi di questa legislatura ai lavoratori esodati
- bocciato l'emendamento Idv per le liste pulite (presentare alle elezioni solo soggetti senza accuse o processi pendenti a carico)
- aprovata la decutazione  dei finanziamenti, si passa da 182 milioni a 91 milioni (erogati al 70% come rimborso spese e al 30% come cofinanziamento)
- approvato l'emendamento Pd per le quote rosa. I rimborsi verranno decurati del 5% se non si rispetta un'adeguata rappresentanza femminile nel partito
- nel testo è previsto che i rimborsi possano essere ricevuti solo dai partiti aventi uno statuto, quindi i grllini per ora sono fuori. Tale articolo non ha avuto proposte di emendamento da parte dei parlamentari

Facendo il punto sull'andamento delle discussioni, possiamo constatare che non è in corso una radicale modifica al sistema attuale di finanziamento. Si procederà ad una decurtazione, ma essenzialmente la logica dei rimborsi resta la medesima.
Il Pd sostiene che è pura demagogia l'ipotesi di far scomparire i rimborsi, Lega e affini invece parlano di un doveroso gesto in risposta alle scandalose vicende degli ultimi mesi.
Ironia della sorte però, le due facce di questa polemica sono i diretti protagonisti del magna-magna sotto accusa.